Storia del micromosaico
IL MOSAICO MINUTO
Dopo le grandi realizzazioni di epoca romana, bizantina e medioevale, il mosaico moderno si affermò a Roma con la creazione in Vaticano dello Studio del Mosaico, che, a partire dalla fine del XVI secolo, curò la messa in opera e la manutenzione degli apparati ornamentali della Basilica di San Pietro.
Parte integrante del programma decorativo della chiesa era la sostituzione degli originali dipinti con copie in mosaico non deperibili nel tempo. Dal conseguimento di tale obiettivo nacque l’esigenza di sostituire le tessere di pietra, tradizionalmente in uso nei mosaici di età classica e medioevale, con tessere di smalto a base vetrosa e di perfezionarne la lavorazione fino a raggiungere una compattezza di tessitura e una raffinatezza di rappresentazione paragonabili a quelle della pittura.
Alla fine del XVIII secolo risale la produzione dei mosaici minuti che, a differenza dei mosaici “in grande”, furono realizzati per essere visti da vicino, sotto forma di placchette generalmente applicate su tabacchiere o su oggetti da tavolo, più raramente incastonate su spille o raggruppate in serie formanti bracciali e collane.
I soggetti rappresentati, non più attinenti alla sfera religiosa, erano inizialmente collegati al gusto neoclassico per l’allegoria, trovando la loro fonte d’ispirazione direttamente nell’antico; in una fase successiva, il repertorio si estese alle rappresentazioni di fiori, animali e rovine grandiosamente ambientate in scene di paesaggio e vissute con una liricità di estrazione romantica.
Con il consolidarsi nel repertorio delle vedute di Roma e della sua campagna, il genere acquistò una connotazione più marcatamente “romana”.
Il diffondersi della domanda e il formarsi delle prime collezioni indussero la Fabbrica di San Pietro a ufficializzare questa produzione e il mosaico “in piccolo” fece il suo ingresso nello Studio del Mosaico accanto alla tradizionale maniera “in grande” (1795).
La circolazione internazionale dei manufatti più preziosi, donati dai Pontefici ai diplomatici e ai sovrani in visita di Stato, accrebbe ulteriormente il prestigio del micro mosaico, che divenne un acquisto favorito dai ricchi e colti viaggiatori del “Grand Tour” verso Roma.
TECNICA ESECUTIVA DEI MOSAICI MINUTI
Gli elementi che compongono il mosaico sono tradizionalmente chiamati tessere dalla parola greca τέσσαρες. (quattro), con riferimento a1 loro contorno che è normalmente quadrilatero.
Le tessere sono costituite da un materiale vetroso detto smalto, ottenuto dalla fusione della silice mescolata con componenti minerali che le conferiscono il colore. Questi smalti erano prodotti da alchimisti romani, che ne custodivano gelosamente le ricette, e venivano consegnati in forma di "pani" compatti di sagoma approssimativamente circolare o quadrangolare. Nei mosaici minuti, le cui tessere hanno in sezione dimensioni inferiori al millimetro e lunghezza non superiore a due o tre millimetri, si sostituì alla tecnica dello smalto tagliato, adottata nelle composizioni di maggiori dimensioni, quella della "filatura": lo smalto, fuso davanti alla fiamma, veniva ridotto in bacchette lunghe e sottili dalle quali l'arista, con l’uso di pinzette e lime, ricavava le piccole tessere.
La tecnica di realizzazione dei micromosaici consisteva, in primo luogo, nel trasferire il bozzetto preparatorio dell'immagine su un supporto, generalmente gesso, riportandone i tratti a carboncino. Si procedeva, quindi, ad asportare piccole porzioni del supporto, avendo cura di spalmare di mastice la cavità cosi ottenuta e di inserire in essa le tessere. Al posto del gesso, poteva talvolta essere utilizzata la carta disegnata. Nella fase successiva, a riempimento degli interstizi veniva fatta penetrare della cera colorata. Infine, una volta che quest'ultima si era indurita, la superficie del micromosaico veniva pareggiata, smerigliata e lucidata.
EVOLUZIONE DELLA TECNICA
Il processo di maturazione del mosaico minuto fu contrassegnato da importanti tappe nell’evoluzione delle tecniche esecutive.
Tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento la lavorazione fu molto accurata e minuziosa. Un miglioramento essenziale si verificò con Antonio Aguatti che elaborò un nuovo tipo d'impasto unendo più colori e mezze tinte nello stesso filato e cambiando il perimetro delle tessere tradizionalmente quadrilatere. Lo smalto cosi ottenuto (detto "malmischiato"), insieme alla più libera fattura delle tessere, consenti nuovi e maggiori passaggi chiaroscurali che facilitavano la resa dei fiori, degli alberi, delle architetture e, in particolare, degli animali a pelo.
La tecnica del "mal mischiato”, fu ulteriormente perfezionata da Giuseppe Mattia che, sotto la direzione di Michelangelo Barberi, adottò il nuovo procedimento d'impastare gli smalti con l'uso della lampada da orefice: ottenendo in questo modo tinte che saranno dette "di soffio,, più brillanti e nette di quelle filate con il metodo tradizionale.
Verso la metà dell'Ottocento, si tentò di recuperare, piuttosto che nascondere, il tracciato compositivo attraverso la disposizione di tessere di dimensioni più grandi, che definivano l'immagine con colori fissati in maniera rapida e distinta.
Con l'avanzare del secolo e il susseguirsi di richieste sempre più pressanti da parte del mercato, si idearono tecniche di esecuzione più veloci, mediante le quali si arrivò alla realizzazione in una sola tessera di un intero motivo, come ad esempio colonne o cornici.
TEMI ICONOGRAFICI
I soggetti allegorici, specie le Allegorie dell'Amore, costituirono per il gusto neoclassico della fine del XVIII secolo uno dei temi preferiti del mosaico minuto insieme a quelli mitologici, eseguiti a monocromo su fondo scuro. Tra i più replicati fu la Tazza con le Colombe di Plinio.
Le scoperte archeologiche, compiute a partire dall'inizio del Settecento, e il conseguente interesse che esse generarono nelle scelte iconografiche, influenzarono anch'esse il campo del micromosaico. I monumenti più riprodotti furono la Tomba di Cecilia Metella, la Piramide di Caio Cestio, il Pantheon, il Tempio di Vesta, l’Anfiteatro Flavio, il Tempio di Minerva Medica e alcuni ponti romani.
Fonte d'ispirazione furono, in primo luogo, le incisioni prodotte dalla metà del Settecento in poi, tra cui ebbero particolare successo quelle di Domenico Pronti riunite nella "Nuova Raccolta di 100 vedutine antiche della città di Roma e sue vicinanze incise a bulino". Le vedute di paesaggio vennero trattate prevalentemente sotto due aspetti: con l'inserimento di ruderi antichi in ampi e suggestivi spazi o su modello delle pitture di Salvator Rosa e di Claude Lorrain.
Vennero inoltre riprodotte in un arco di tempo piuttosto ampio le cosiddette "vedute-ricordo" di Roma, tra le quali i due temi prediletti furono i Fori Romani e la Basilica di San Pietro.
Fra gli altri temi iconografici di maggior diffusione, gli animali costituirono senz'altro uno dei soggetti preferenziali alla fine del Settecento e all'inizio del secolo successivo. Si passò dall'immagine dell'animale isolato e immobile a quella in gruppo, per poi pervenire a più liberi schemi compositivi nelle rappresentazioni di lotta tra loro.
Il tema floreale, il cui riferimento è spesso il mosaico antico, venne invece prescelto dai mosaicisti per mostrare le loro capacità nel virtuosismo esecutivo e nelle scelte cromatiche.
Le figure in costume tradizionale, infine, costituirono uno dei soggetti di più difficile adattamento alla tecnica del mosaico minuto, dato che la morbidezza delle fisionomie mal si adattava alla forma geometrica della tessera; venne comunque trattato come elemento decorativo di collane, spille o ciondoli.
ARTISTI
Non era consuetudine dei mosaicisti firmare le proprie composizioni. Quando questo accadeva, la presenza della firma non segnalava tanto la paternità delle singole opere, quanto la continuità di un impegno a garanzia della qualità globale delle rispettive produzioni.
Giacomo Raffaelli (1753-1836 cui le fonti attribuiscono la scoperta delle procedure per la "filatura" degli smalti, fu il primo ad apporre il proprio nome alle delicate invenzioni concepite nella nuova tecnica. La sua statura di pioniere riconosciuto del nuovo genere lo portò a svolgere una parte della sua attività fuori patria e a fondare una scuola di mosaico a Milano, dove eseguì una copia del Cenacolo di Leonardo, oggi a Vienna (Minoritenkirche), ricordata in termini entusiastici dall'epitaffio nella Chiesa di San Stanislao dei Polacchi a Roma. Dopo di lui, altri mosaicisti accrebbero le possibilità espressive del micromosaico, introducendo innovazioni sostanziali nella forma delle tessere e nei processi di filatura degli smalti. Si possono ricordare le straordinarie figurazioni floreali di Domenico Moglia (1780 ca.-1862) e quelle animaliste del figlio Luigi (notizie 1847-1861), pervase da un vivo senso della linea e del rilievo e le vedute paesistiche di Antonio Aguatti (1846 ca.), specializzato, insieme con Clemente Ciuli (attivo prima metà sec. XIX) e Liborio Salandri (notizie prima metà sec. XIX), nella rievocazione dei miti di ambientazione classica. Caposcuola di questo genere, intorno alla metà dell'Ottocento, fu Michelangelo Barberi (1787- 1867), autore di una magnifica serie di piani da tavolo decorati con la rappresentazione dei maggiori monumenti di Roma e d'Italia. L'artista fu chiamato in Russia a fondare lo Studio Imperiale del Mosaico di San Pietroburgo, voluto dallo Zar Nicola I su modello di quello vaticano.
fonte: Comunicato Stampa 15 aprile 1997
Monumenti Musei e Gallerie Pontificie
Bibliografia
Gonzales Palacios A. THE ART OF MOSAICS. selection from the Gilbert Collection, LACMA Los Angeles 1977.
Petochi D. - Alfieri M. - Branchetti M.G. I MOSAICI MINUTI ROMANI DEI SECOLI XVIII e XIX. Roma 1981
Gonzales Palacios A. MOSAICI E PIETRE DURE, I. Milano 1982
Bertaccini C. - Fiori C. MICROMOSAICO. stotia, tecnica, arte del mosaico minuto romano. Bologna 2007-2008